Gli Stati Uniti sperimentano
nei Balcani la politica di superpotenza mondiale unica.
Il giornalista Marco Calvo-Platero, responsabile della redazione americana de
"Il Sole 24ore", partendo dalla situazione creata nel Kosovo con il massacro di
Racak e con gli scontri tra UCK e serbi, delinea la
dottrina dell’egemonia e del consenso nella definizione del nuova strategia mondiale
gestito dall’egemonia degli Usa. L’obiettivo forte è la stabilità dell’Europa, che sembra compromessa dalla crisi
dell’ex-Jugoslavia. Oltre alla strategia, l’autore si occupa anche della tattica
di Albright, che ha commesso errori di sottovalutazione di Milosevic.
I due brani sono tratti da Le
tentazioni di una superpotenza, in AA.VV. La pace e la guerra, ed. Il Sole
24ore, 1999, pp. 127-128, 130.
Al suo ingresso
nell’amministrazione, dopo le elezioni del 1996, il nuovo segretario di stato
Madeleine Albright concordò con il presidente nuove dimostrazioni di violenza e di
intolleranza in Europa andavano controllate sul nascere. Altrimenti, presto o tardi, la
situazione sarebbe degenerata e si sarebbe pagato un prezzo più alto in un futuro neanche
troppo lontano: l’America non avrebbe rinunciato al suo obiettivo di lungo periodo su
base globale. Le minacce e i pericoli lungo il cammino verso questo obiettivo sarebbero
stati contrastati con determinazione. E in questo caso l’interesse degli Stati Uniti
coincideva con quello dell’Europa, soprattutto con quello dei paesi confinanti con i
Balcani che rischiavano, come l’Italia, il travaso di decine di migliaia di profughi.
Sul piano strategico, inoltre, l’ordine era indispensabile per rilanciare
l’economia dei paesi dell’Europa orientale e sudorientale. Lo sviluppo, la
crescita, l’occupazione sono una componente essenziale della stabilità politica. E
il progetto economico per integrare nell’occidente l’Europa dell’Est, le
ex-repubbliche sovietiche e la Russia in particolare, si era rivelato negli anni un
problema colossale.
Con il passare del tempo ci si rese anche conto che gli accordi di Dayton, attraverso i
quali l’America mediò una soluzione politica per la Bosnia, aveva una portata
limitata. Milosevic era chiaramente pronto a giocare altre carte, contrarie al suo impegno
di rispettare la legalità internazionale. Se le provocazioni sul Kosovo potevano
riverberarsi per la stabilità di Macedonia, Grecia o Turchia, altri paesi della stessa
aerea geopolitica potevano diventare improvvisamente a rischio.
(…)
Per i conflitti latenti, per le differenze etniche, per le decine di situazioni instabili
l’Europa sudorientale e i territori asiatici a sud della Russia rischiano di
diventare una polveriera ai margini dell’Europa. L’America non può permettersi,
dopo aver evitato il rischio di un conflitto nucleare con la fine della Guerra Fredda, di
rimanere di nuovo coinvolta in una guerra tradizionale nel vecchio continente.
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