Morale e razionalità


Piero Ottone rileva che il rapporto tra i giornali e il pubblico è stato ravvivato dalla guerra, ma i nostri giornali non hanno risposto adeguatamente alle esigenze dell'informazione obiettiva: si parla solo dei profughi e non di Belgrado sotto le bombe; si sta facendo un giornalismo di emozioni eccessive a scapito dell'informazione ragionata, si esprime un giudizio morale sull'intervento della Nato, più che politico, in riferimento al dibattito politico interno.

Il brano è tratto dall'articolo I giornali italiani e la crisi jugoslava apparso su "Informazione Ordine dei Giornalisti", gennaio-febbraio 1999.

L'avvenimento sembrava fatto su misura per mettere in luce le caratteristiche, buone e meno buone, del nostro giornalismo. Gli intervistati si sono prodigati per vedere quel che succedeva, e per raccontare quel che vedevano, esponendosi a rischi. Hanno riferito storie commoventi sulle sventure dei profughi, sul loro calvario.

E come si stava a Belgrado, sotto le bombe? A leggere certe corrispondenze sembrava di essere, o tornavano alla mente, per chi le aveva vissute, vicende ormai lontane nel tempo, quando sotto le bombe c'eravamo noi.

L'esodo biblico suscitava emozioni, e incoraggiava quindi una tendenza verso la letteratura, che è una caratteristica del giornalismo italiano. C'è stata dunque una emozione eccessiva nei nostri giornali, a scapito dell'informazione pura e semplice e a scapito del ragionamento? Forse sì. Si aveva talvolta l'impressione che gli inviati ci raccontassero le peripezie di chi scappava, dimenticando di dirci perché scappavano. Con quali forme di violenza, con quali minacce?Un giudice severo può forse sostenere che la stampa nel suo complesso non ha sempre offerto al lettore, oltre alla descrizione di vicende di interesse umano (il famoso human interest dei colleghi anglosassoni), uno sguardo d'insieme su quel che accadeva, quindi un'analisi degli eventi, della loro origine, del loro sviluppo. Un certo squilibrio si notava anche nei commenti. L'intervento della Nato poteva essere giudicato su due piani: quello morale e quello politico. Era giusto chiedersi se il lancio delle bombe fosse giustificato, trattandosi di un impiego della forza che avrebbe fatto vittime.Ed era giusto chiedersi se le bombe, a parte la loro legittimità, avrebbero permesso di raggiungere l'obiettivo che la NATO si era prefisso.

La distinzione fra questi due piani di giudizio avrebbe contribuito a chiarire le idee.Nel primo periodo si è osservato un eccesso di attenzione al primo punto, e quindi il dibattito fra interventisti e pacifisti, a scapito del secondo: forse anche per il fatto che gli interrogativi sull'utilità delle bombe avrebbero portato acqua al mulino dei pacifisti. Se questa impressione è fondata, bisogna concludere che ancora una volta le preoccupazioni concernenti il dibattito politico interno hanno prevalso sul compito di offrire ai lettori elementi di giudizio obiettivo. Se un commentatore ritiene che le bombe siano inutili, dovrebbe dirlo, anche se il dirlo giova ai pacifisti che in quel momento stanno creando problemi per il governo. La stampa estera, meno inibita della nostra, ha posto per tempo l'interrogativo sull'utilità; i giornali italiani, se la nostra impressione è esatta, lo hanno raccolto solo in seconda battuta. Ma queste considerazioni, lo abbiamo detto, devono essere sottoposte a verifica, e la verifica richiede la lettura attenta di molti giornali, col centimetro in mano per misurare gli spazi.

Attendiamo lo studente volenteroso.

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il giornalismo del dopoguerra