FOSSE COMUNI E RESA DEI CONTI


Le truppe internazionali hanno scoperto in Kosovo molte fosse comuni, in cui si trovano centinaia di corpi di albanesi, a testimonianza di rappresaglie e massacri fatti dai serbi e molti campi minati, provocano vittime tra gli abitanti dei luoghi e tra i profughi che ritornano. Le mine sono state collocate anche in oggetti di uso comune.
A Pristina, in una scuola requisita dalla polizia serba, sono stati rintracciati luoghi e strumenti di tortura: catene, fruste, cavi elettrici e preservativi usati dai soldati per gli stupri di massa.
A Prizen è stato scoperto un centro di tortura dell'UCK contro i serbi. E così in altri luoghi.
Dopo la tregua si verificano molti episodi di rappresaglia e di ritorsione violenta degli albanesi contro gli abitanti serbi del Kosovo. Si contano parecchi scontri a fuoco e molti morti.
I bombardamenti Nato e le distruzioni operate dai Serbi e dalle truppe paramilitari hanno raso al suolo la maggior parte delle case del Kosovo. La ricostruzione sarà lunga e molto costosa.
Il 27 giugno il governo di Belgrado ha cominciato a rilasciare i primi prigionieri kosovari (166 persone), consegnati al Comitato internazionale della Croce Rossa. Secondo fonti albanesi i prigionieri sarebbero 5000, mentre l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani valuta tra i 2000 e i 3000.
Le forze di pace continuano a scoprire fosse comuni di albanesi uccisi e non riescono a neutralizzare in modo efficace le rappresaglie dell’UCK contro i serbi.
Il responsabile dell’Amministrazione civile dell’Onu, il francese Bernard Kouchner, ha reso noto il 2 agosto 1999 le indagini degli investigazioni delle Nazioni Unite, che fanno presumere circa 11.000 vittime nelle fosse comuni.
Lo stesso Kouchner, però, ha autorizzato la forza di pace della Kfor a impedire manifestazioni e a fermare per 12 ore chiunque ritenga necessario, espellendolo eventualmente dalla sua città di origine e anche dal Kosovo, "per mantenere l’ordine pubblico". Con questo provvedimento si fornisce una copertura legale alla Kfor, che deve fronteggiare continue esplosioni di violenza degli albanesi contro i Serbi.
In una intervista a un quotidiano greco, Bernard Kouchner, capo dell’amministrazione Onu in Kosovo ha dichiarato:
La mia pazienza è agli sgoccioli. Non permettermo più che vengano fatte saltare in aria le case dei serbi, anche a costo di entrare in conflitto con l’esercito di liberazione del Kosovo. L’ho detto chiaramente a Hasim Thaci. Sfortunatamente non siamo in grado di proteggere i serbi al cento per cento. C’è un odio tale che occorrerebbe un poliziotto per ogni serbo. (…)
Se i serbi lasceranno il Kosovo la guerra non sarà servita a niente. Noi vogliamo costruire un Kosovo multietnico che non dimenticherà la sua storia, pur senza essere incatenato al passato.(…)
Il ritorno di Rugova è un segno incoraggiante. Speriamo che la sua presenza porti un equilibrio e blocchi l’epurazione etnica che colpisce ora i serbi e gli zingari.



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