LA MISSIONE NATO


30.000 soldati dell'Alleanza Atlantica, (di cui 2000 militari italiani), sono impegnati contro 40.000 soldati serbi in Kosovo.
Il 29 maggio '99 il record dei bombardamenti Nato è: 312 obiettivi su 792 attacchi in una solo giorno. Vengono usate le basi Nato in Italia.
In Serbia e Kosovo i raid sono giornalieri. Vengono colpiti obiettivi di interesse militare, fabbriche, ponti e assetto viario e ferroviario, edifici pubblici, stazioni televisive, scuole,centri abitati.
Molti sono i danni collaterali e gli errori, per cui vengono colpite anche sedi di ambasciate, carceri, ospedali, colonne di profughi. La presenza della guerra è anche in Italia, con bombe scaricate nel Lago di Garda e nell'Adriatico.
Nelle città serbe e kosovare: la normalità della vita è sconvolta: è interrotta l'erogazione dell'energia elettrica e dell'acqua, aumentano a dismisura i prezzi dei generi di prima necessità, la crisi economica è ormai molto forte e migliaia sono i lavoratori esonerati dal lavoro perché i luoghi di lavoro sono stati bombardati e sono costretti a vivere con il sussidio. Il rischio di morte è alto per tutti i civili.
Mancano dati precisi riguardo alle perdite militari e alle vittime civili. L'informazione occidentale è puntata sui profughi piuttosto che sulla sorte degli abitanti della Serbia.
Qualche testimonianza dei civili sotto le bombe, giunte in Italia via e-mail e pubblicati sul "Corriere della Sera":

"I crateri scavati da queste bombe sono molte più grandi di quelle che ho visto durante la seconda guerra mondiale. Se nell'ultima guerra i nazisti avessero avuto le armi di ora, noi jugoslavi da tempo non ci saremmo più".

"In Serbia oggi soffrono di più quelli che credevano nei valori occidentali. Alcuni rischiano il carcere e la vita; gli altri vengono irrisi dai teorici della geopolitica e altri ciarlatani che prosperano anche nella guerra".

"La gente ha paura di morire di fame e di freddo. L'inverno prossimo sarò terribile: l'impianto centrale di riscaldamento nella Nuova Belgrado, da cui dipendono un milione di famiglie, è stato messo fuori uso e non c'è verso di rimetterlo a posto per ottobre".

"Adesso cerco di godermi un attimo di elettricità. Ci vuole veramente poco a capire se ami o no la civiltà. Quando, dopo due giorni, sono tornate la luce e l'acqua, ho sentito persone cantare per la felicità, come se fossero ubriache".

"Sono ossessionata dalle bombe. Non faccio altro che raccomandare alla mia bambina di non prendere in mano nulla che trova per strada. Una bomba inesplosa me la può uccidere".

Non siamo al corrente dell'informazione serba, quindi prendiamo come esemplificazione due brani pubblicati sul giornale di Belgrado "Politika" e ripresi da "Il Corriere della Sera" (19.05.99):

"Ogni qualvolta qualche cosa che assomigli a un accordo negoziato si avvicina di un millimetro la Casa Bianca mette in pratica un criterio politico diverso. Dopo gli sviluppi indubbiamente positivi raggiunti con la riunione del G-8, l'ambasciata della Cina a Belgrado è stata bombardata. Adesso, invece, dopo i colloqui di Mosca fra l'inviato speciale americano Strobe Talbott e il mediatore russo Chernomyrdin si è verificata la peggiore strage di civili jugoslavi dall'inizio della guerra".

"Dopo cinquanta giorni di bombardamenti senza scrupoli sulla Jugoslavia, che hanno causato la morte di vittime innocenti, distruggendo fabbriche, asili d'infanzia, scuole, ponti e complessi industriali, l'alleanza guidata da Usa, Inghilterra, Francia, Germania non ha raggiunto un singolo obbiettivo. Il potenziale dell'Armata jugoslava è intatto. Al tempo stesso gli aerei della Nato precipitano ogni giorno come pere mature sul territorio jugoslavo e su quello dei paesi confinanti".

La Nato prepara lo schieramento, ai confini del Kosovo, di 50.000 soldati sarebbero destinati in Macedonia, il resto in Albania, Bulgaria e forse Ungheria. Il nucleo più forte sarebbe composto da 18.000 inglesi, 10.000 francesi, 9.000 tedeschi, 7.000 americani.
Si comincia a ipotizzare l'azione di terra.
Si intensificano gli scontri intorno al confine di Kukes in Albania.
Fonti Nato riferiscono che in 72 giorni di combattimento sono morti 500 soldati serbi.
Il 3 agosto i giornali danno notizia dello scontro avvenuto al vertice della Nato tra il generale inglese Mike Jackson, comandante della Kfor, e il generale Wesley Clark, comandante supremo della Nato in Europa. Clark, nei primi giorni della tregua, era intenzionato a far intervenire le truppe della Nato per fermare i parà russi diretti all’aeroporto di Pristina. A questa impostazione si è opposto energicamente il generale Jackson, preoccupato di far degenerare il conflitto in una terza guerra mondiale. Anche il governo Usa ha condiviso la decisione di Jackson di bloccare le operazioni e, in un tempo breve, il gen. Clark è stato pensionato. Il gen. Clark aveva, a più riprese, sostenuto l’intervento di terra in Kosovo e aveva criticato l’atteggiamento troppo debole e incerto degli Alleati.
Il 4 agosto 1999 a Bruxelles i 19 ambasciatori della Nato hanno eletto George Robertson, Ministro della Difesa di Blair, segretario generale, al posto dell’uscente Xavier Solana, che ha gestito la crisi dei Balcani. Questa elezione conferma il ruolo centrale, svolto dalla Gran Bretagna, nel sostenere la guerra nel Kosovo. 


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