Il presente come luogo di memorie

Hobsbawm scrive che l'obiettivo dello storico è quello di comprendere e spiegare perché le cose sono andate in un certo modo e come i fatti si colleghino tra loro. E, occupandosi di storia contemporanea, lo storico deve anche operare uno sforzo autobiografico. "Parliamo dei nostri ricordi, ampliandoli e correggendoli, e ne parliamo come uomini e donne di un tempo e di uno spazio particolari, coinvolti, in varie guise, nella storia; ne parliamo come attori di un dramma - per quanto insignificanti siano state le nostre parti, come osservatori del nostro tempo e, non da ultimo, come persone le cui opinioni sono state formate da ciò che noi siamo giunti a considerare come i suoi eventi cruciali. Noi siamo parte di questo secolo ed esso è parte di noi." (Hobsbawm, 1994, p.15). Per Hobsbawm, dunque, il passato è parte indistruttibile del presente, e nel caso della storia contemporanea, del nostro presente, il passato non è solo un ricordo privato, ma ha plasmato le nostre vite. Ma è sufficiente fare riferimento alla trasmissione tra generazioni, al confronto tra esperienze collettive e individuali diverse, per costruire memoria e capire la storia? Si può ristabilire questo contatto, andato perduto nel nostro contesto culturale?

Scrivono Nadia Baiesi e Elda Guerra: "Ed infatti è il problema medesimo della trasmissione nel suo complesso che probabilmente richiede un ripensamento, fino alla rimessa in discussione dell'uso medesimo del termine "trasmissione", in quanto suggerisce l'idea di un flusso che precede in una sola direzione, da qualcuno verso qualcun altro, ma sembra non tenere abbastanza conto del destinatario del messaggio." ( N.Baiesi, E.Guerra, 1997, p.111). E' questo un avvertimento di particolare suggestione : più che trasmettere conoscenze, i docenti e i giovani insieme, hanno il compito di costruire un sapere nuovo, attraverso tappe flessibili secondo i modelli offerti dalla realtà e le indicazioni che provengono dall'esperienza degli studenti. La scuola viene così ad assumere le funzioni di supplenza della memoria collettiva, che prima era affidata alla trasmissione familiare e sociale, e che ora può essere intesa e pratica come ricerca e scambio tra generazioni nell'ambito dello studio della storia.

Da questa premessa discendono problemi di grande rilievo, che devono essere opportunamente considerati sul piano metodologico e contenutistico: come trattare le fonti di memoria, come connetterle con gli altri documenti storici, quale rilevanze individuare, quale rapporto metodologico stabilire tra il passato recente e il presente degli studenti, e altro ancora. La scuola non è più l'unico luogo di formazione, ma è sicuramente uno dei luoghi privilegiati, in cui, ad esempio, si vive direttamente l'interculturalità (basti pensare alla presenza dei ragazzi stranieri) propria della società globale. E a scuola si può imparare (insegnanti e studenti) a conoscere la storia, o meglio la pluralità delle storie. Il sapere nuovo, superando la sequenza cronologica lineare, può costruire, secondo la definizione di Ivo Mattozzi, l'architettura modulare di molteplici storie, che diano il senso della continuità ai frammenti molteplici del presente. "Restituire spessore al presente (...) significa "abitarlo", consapevoli del proprio essere nel mondo e del segno che l'esserci lascia di sé, ed insieme scoprirlo come luogo di memorie - ancora una volta al plurale - che accolga ogni traccia, ogni presenza, appunto, ogni segno superstite del passato." (N.Baiesi E.Guerra, 1997, p.124).

Ma dove e quando è avvenuto il punto di cesura del passaggio di memoria tra le generazioni? Quale memoria è propria delle generazioni della Repubblica, cioè quelle dei docenti attualmente in servizio? Quali sono le fratture periodizzanti? Una prima considerazione va messa in campo: le generazioni della Repubblica sono le testimoni e le protagoniste della trasformazione epocale dell'Italia da paese rurale a paese industriale e post.-industriale e, quindi, i docenti che insegnano la storia degli ultimi cinquant'anni non sono soltanto organizzatori di conoscenza storica, ma produttori di sapere, perché narrano e interpretano fatti, avvenimenti, processi storici che fanno parte integrante della loro esperienza di vita.  


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