Dopo 53 anni di pace, l’Italia è nuovamente impegnata in una guerra, una guerra con
caratteristiche nuove, che coinvolge direttamente le relazioni internazionali con il resto
dell’Europa e con gli Usa, in una zona del Mediterraneo
particolarmente esplosiva.
La presenza economica e politica in Albania, le azioni diplomatiche, i continui flussi di
albanesi sulle coste pugliesi e, ora, la ricostruzione impongono all’Italia gravi
responsabilità nei confronti dei Balcani.
Lucio Caracciolo, direttore della
rivista di geopolitica "Limes", a conclusione della guerra esprime un giudizio
critico sulle ragioni e la conduzione del conflitto e richiama l’attenzione
sull’importanza strategica dei Balcani. Anche se l’Europa interverrà con
importanti finanziamenti, l’Italia rimarrà comunque in prima linea per
perseguire la stabilità dei Balcani. I profughi,
sia albanesi che serbi, rappresentano il dramma più urgente e di difficile
soluzione.
I due brani sono tratti
dall’articolo I Balcani sono il nostro nuovo Sud in "La Repubblica",
10 giugno 1999.
Dopo tante
insensatezze, tanti orrori, osiamo sperare che la guerra sia riuscita a risvegliare nella
nostra Europa quel sano istinto di conservazione che ci dovrebbe spingere a impegnare ogni
risorsa a disposizione per ricostruire i Balcani. Un’impresa quasi impossibile ma
senza alternative. Il vulcano della guerra ha eruttato dalle viscere di quella terra
malata il peggio del suo peggio. Davanti alle nostre coste è affiorato un Mezzogiorno
esterno, molto più povero e disperato del nostro. Questo nuovo Sud penderà
inevitabilmente verso di noi. Per gli albanesi, ma anche per i serbi, i montenegrini, i
macedoni e gli altri popoli ex jugoslavi, noi italiani siamo sempre più
<<Lamerica>>.
L’America, quella vera, non ha nessuna intenzione di imbarcarsi in un nuovo piano
Marshall. Troppo lontani i Balcani per il contribuente di Cleveland o Seattle, troppo
forte il risentimento verso noi europei che ogni volta chiamiamo il pompiere americano a
spegnere(?)gli incendi di casa nostra.
Resta l’Europa, certo. Vogliamo credere che il piano di ricostruzione dei Balcani sia
più di una lista della spesa, che sia orientato a una visione regionale, che non si
riduca alla mera emergenza. Vogliamo anche sperare che i nostri partner dell’Europa
centro – settentrionale capiscano di aver sbagliato quando ci lasciarono quasi soli
ai tempi dell’Operazione Alba (in fondo, la guerra del Kossovo è anche frutto
dell’insensibilità europea per la questione albanese). E contiamo su Romano Prodi,
che ha dimostrato di essere perfettamente consapevole dei termini del problema. Senza la
Conferenza per i Balcani, da lui proposta, non ci sarà nessuna soluzione stabile per il
Kossovo né per gli altri focolai di crisi nella regione.
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