Chi volesse saperne di più sul Partito Liberale Austriaco non ha che l'imbarazzo della
scelta: su Internet esistono infatti ben due siti Web che ne illustrano programmi,
ideologia, collegamenti internazionali: <http://www.fpoe.at>
e <http://www.fpo.at>. Si tratta di due siti che
hanno molti elementi in comune (aspetto grafico, colori, "marchio" del partito)
ma differiscono quanto ai contenuti: nel primo i testi e i links proposti
mantengono una certa "rispettabilità" di destra populista, nel secondo i
contenuti presentati e i links indicati sono fortemente connotati in senso razzista
e hanno contenuti nettamente nazisti. Quale dei due siti è quello "vero"?
Qualcuno potrà dire che che il secondo sito è "falso" ed è stato costruito
dagli oppositori del FPÖ per screditarlo, ma qualcun altro potrà sostenere con
argomentazioni convincenti e opportuni richiami storici che il "falso" è stato
prodotto nelle stesse officine che hanno prodotto il "vero" per poter dire senza
problemi ciò che veramente si pensa. Per complicare ulteriormente le cose alla data del 9
maggio 2000 nelle pagine in inglese (ma non in quelle in tedesco) di entrambi i siti è
presente un comunicato che denuncia la falsificazione della Home Page del FPÖ e definisce
"falso" l'altro sito. Non c'è bisogno di mettersi nei panni (scomodi)
dello storico che nel 2050 vorrà indagare sulle ragioni della resistibile ascesa di Jörg
Haider, per capire che qui si pone una questione seria di verifica e critica delle fonti
presenti nel cyberspazio.
Su
questo e vari altri problemi si è discusso al seminario "Linguaggi e siti: la storia
on line" organizzato dalla SISSCO (Società Italiana per lo Studio della Storia
Contemporanea) a Firenze nei giorni 6 e 7 aprile 2000, in collaborazione con l'Istituto
Universitario Europeo e il Dipartimento di Studi Storici e Geografici dell'Università di
Firenze. Questa iniziativa ha reso esplicita la tendenza, già consolidatasi nel corso di
questi ultimi anni [si vedano, tra gli altri,: S. Soldani, L. Tomassini(a cura di), Storia
& Computer, B. Mondadori, Milano, 1996; il n. 3, 1999 di "Memoria e
Ricerca"; il Dossier su Il documento immateriale. La ricerca storica ai tempi del
Web, in "L'indice", n. 5, maggio 2000], al progressivo spostarsi
dell'interesse degli storici dalle possibilità offerte dall'informatica come potente
ausilio nella costruzione di basi di dati da utilizzare per la ricerca o strumento di
calcolo per gli aspetti quantitativi del lavoro dello storico alle possibilità offerte
dagli sviluppi dell'informatica e della telematica per quanto concerne la ricerca di
fonti, la pubblicazione dei risultati delle ricerche svolte, la comunicazione tra gli
storici nonché tra gli storici e il pubblico. Accanto a questi temi, sono emersi nel
corso del seminario interessanti elementi di dibattito attorno ai cambiamenti introdotti
dalle tecnologie multimediale e ipertestuale nel discorso storico in quanto scrittura
della storia, e cioè storio-grafia. Poco spazio è stato invece dedicato alla didattica e
alla formazione in genere, e cioè ad una delle modalità d'uso più interessanti delle
nuove tecnologie per quanto riguarda il rinnovamento dell'insegnamento/apprendimento in
storia.
Nel sito della SISSCO < http://www.iue.it/LIB/SISSCO/Welcome.html
> si trova già un dossier sul seminario e verranno tra breve inseriti gli atti.
Le
relazioni di Peppino Ortoleva (Cliomedia, Università di Siena) e di Serge Noiret
(Istituto Universitario Europeo) hanno fissato, nel corso della prima giornata dei lavori,
alcuni importanti punti di riferimento per la discussione. Ortoleva ha sottolineato come
l'evoluzione di Internet e del suo rapporto con la storia concorra a trasformare gli
assetti istituzionali della professione dello storico così come essi si sono configurati
a partire dagli inizi del XIX secolo, in quanto fondati sulla duplice distinzione da una
parte tra campo del sapere storico disciplinare propriamente detto e area della
comunicazione storica "non professionale", e dall'altra parte tra la figura
professionale dello storico e le altre figure professionali (bibliotecario, archivista)
coinvolte nella disciplina storica. Alla base di questa duplice distinzione stava una
sorta di "purificazione" scientifica del sapere storico, che oggi tende a venir
meno o comunque a esser messa in dubbio. Il rapporto tra Internet e storia coinvolge un
più generale rimescolamento di carte in atto, riguardante sia l'organizzazione e le
gerarchie interne alla disciplina sia il rapporto tra lo storico e l'uso pubblico della
storia. Lo storico che si affaccia nel cyberspazio può confrontarsi e discutere con altri
storici in modo più diretto e meno rituale di quanto non sia solito fare nei canali
istituzionali, e nello stesso tempo deve confrontarsi con una domanda e un'offerta di
storia non specializzate. Per Noiret, che ha trattato le questioni relative alla storia
contemporanea in Internet, siamo di fronte a un cambiamento radicale nelle forme della
comunicazione e alla possibilità per gli storici della contemporaneità di svolgere in
esso un ruolo importante. Il nuovo medium non cambia le carte in tavola ma le
distribuisce in modo diverso. La storia contemporanea on line non può certamente
ridursi a memoria o autobiografia e deve fare i conti con le novità che emergono sul
versante delle fonti storiche presenti in Internet sia per la loro crescita quantitativa
sia per la necessità di istituire forme di verifica della loro qualità. Di fronte
al mare magnum della rete lo storico deve farsi guidare da tre domande cruciali: a)
che cosa posso trovare di utile?; b) come posso trovare quello che cerco?; c) come posso
usare da storico ciò che ho trovato?
Le
questioni riguardanti il problema delle fonti storiche in Internet sono state al centro di
relazioni e interventi di storici, archivisti, bibliotecari che, mentre richiamavano
l'attenzione su vari e qualificati progetti di immissione in rete di fonti primarie
direttamente consultabili per via telematica, ponevano in evidenza alcuni problemi non
secondari relativi al carattere puntiforme e tendenzialmente decontestualizzato che queste
fonti assumono nel momento in cui vengono ricercate e interrogate. Molto spesso la scelta
dei documenti da digitalizzare e trasformare in metafonti (= fonti trasposte su supporto
magnetico + strumenti di indagine che ne consentono nuovi modi di lettura e di fruizione),
per i costi che comporta, viene effettuata in base a criteri non scientifici ma di altro
genere. L'utente di questi archivi tende, a volte, a cercare in essi il recupero della
memoria più che a porre le basi di un lavoro di ricerca storica. A fronte della crescita
quantitativa della disponibilità di fonti primarie in Internet si pone dunque il problema
di una nuova ecdotica e di una nuova ermeneutica, e cioè di tradurre le discipline
storiche tradizionali in termini adeguati alla nuova realtà determinata dalla
digitalizzazione e dalla rete.
Nel
corso del dibattito e in alcune relazioni sono stati posti vari altri temi, tra i quali
ripendiamo qui le questioni riguardanti l'autore e l'autorità dello storico in rete e il
rapporto tra storia e ipertestualità. Che cosa aggiunge e che cosa toglie al discorso
storico la tecnologia ipertestuale, e cioè la possibilità di organizzare il testo non in
modo rigidamente sequenziale e lineare ma attraverso la connessione tra blocchi di testo,
suoni, immagini e secondo modalità multilineari? Ortoleva ha messo in rilevo limiti e
potenzialità di questa tecnologia: i limiti riguardano la difficoltà di rinunciare alla
messa in sequenza in un discorso storico che rimane comunque ancorato alla successione
temporale e all'ordine narrativo; le potenzialità riguardano il fatto che attraverso
l'ipertesto lo storico può far dialogare l'interpretazione con le fonti e costruire
percorsi interpretativi capaci di attraversare il racconto e le fonti senza farsi
schiacciare su di essi. L'ipertesto permetterebbe cioè di costruire in storia un discorso
"saggistico" che, seguendo il modello classico degli Essais di Montaigne,
propone un itinerario mentale attraverso testi e fonti e nello stesso tempo si pone in
discussione e vuole esplorare ogni possibilità alternativa di interpretazione.
All'autorità in rete ha dedicato la sua relazione Laura Parolin, che ha opportunamente
distinto due aspetti della trasformazione in atto nella comunicazione: da una parte la
relazione tra autore e lettore negli ipertesti, dall'altra parte la relazione tra
emittente e destinatario in Internet. Si tratta di cambiamenti che investono le pratiche
del lavoro intellettuale, le modalità di organizzazione della conoscenza, il modo di
comunicare e, in questo modo, tendono a riconfigurare i concetti stessi di autore e di
autorità. Le metamorfosi di questi concetti sono state indagate a partire da una ricerca,
svolta da Laura Parolin, sui siti Web educational, che hanno cioè finalità
didattiche o di formazione. Lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione ha portato a
una progressiva disseminazione del potere/sapere e nello stesso tempo alla caduta della
possibilità di negoziazione sul testo tra autore e lettore con la contestuale crescita
della riconoscibilità e del potere dell'autore. Nel passaggio dal testo a stampa al testo
elettronico e all'ipertesto possiamo osservare invece una ripresa della possibilità di
negoziazione tra autore e lettore in quanto quest'ultimo coopera alla costruzione del
senso attraverso la selezione tra i percorsi possibili di lettura del testo predisposti
dall'autore. Allo stesso modo nel Web vengono a cadere i processi che, nella pubblicazione
di un testo a stampa e a partire dalla riconoscibilità dell'autore come responsabile dei
contenuti del testo, garantivano attraverso il filtro dell'editore il passaggio
dell'autorità da caratteristica dell'autore a caratteristica del testo e la sua
conseguente trasformazione in autorevolezza.
Al Web
publishing sono stati in buona parte dedicati i lavori della seconda giornata del
seminario, a partire dalla relazione di Robert Darnton (Università di Princeton,
presidente dell'American Historical Association). Questi ha ripreso le
considerazioni e le proposte illustrate in un articolo pubblicato nel marzo 1999 sulla
"New York Review of Books" (trad. it.: R. Darnton, Libri in rete, in
"La rivista dei libri", n. 6, giugno 1999) a proposito della crisi dell'editoria
scientifica e accademica e della possibilità di uscirne sperimentando le opportunità
offerte dalla digitalizzazione e da Internet. Non soltanto di un rimedio a una crisi si
tratterebbe, però, ma di un rilancio e di un'innovazione radicale: il supporto
elettronico e la rete consentirebbero infatti di pubblicare molto più materiale di quanto
non ne consenta il libro stampato e permetterebbero inoltre di rivolgersi a un pubblico
molto più ampio. Il libro elettronico è costituito da più strati, disposti come in una
piramide: nello strato superiore si trova un resoconto conciso della ricerca svolta e dei
suoi risultati; lo strato successivo contiene singole monografie su aspetti specifici
riguardanti l'oggetto della ricerca; un altro strato contiene fonti di vario genere
sull'argomento trattato; negli strati successivi si trovano una selezione del dibattito
storiografico sul tema, supporti didattici, forum di discussione con i lettori. Darnton ha
poi illustrato una prima realizzazione di questo progetto consultabile al seguente
indirizzo Internet: <http://www.indiana.edu/~ahr/darnton/> e contenente una
monografia in forma di "libro piramidale" dal titolo: An Early Information
Society: News and Media in Eighteenth-Century Paris. Questa proposta, e la sua
esemplificazione, hanno suscitato alcune linee di discussione, che possono essere
sintetizzate nel modo seguente. Un primo punto, sollevato da un intervento di Raffaele
Romanelli (Istituto Universitario Europeo) riguarda il rischio di avvalorare, attraverso
l'idea di poter "restituire" il passato al massimo possibile della sua
integrità e grazie ai mezzi offerti dalla tecnologia, un'idea "positivista" di
storiografia intesa come ri-produzione del passato e sua letterale ricapitolazione. La
storiografia è invece, per sua natura, selezione e filtraggio di documenti, lavoro di
analisi e di sintesi e quindi, in definitiva, parola e discorso disadorni. Un secondo
punto riguarda invece il fatto che il lavoro e le prospettive illustrati da Darnton si
esauriscono nell'attingere a piene mani alle risorse offerte dalle tecniche di
digitalizzazione di immagini, suoni, testi e dalla multimedialità ma in realtà non
propongono ulteriori passi avanti nella sperimentazione e nel cambiamento riguardanti il
nucleo centrale del discorso storico, che rimane comunque, nella proposta di Darnton, un
nucleo narrativo lineare. A questo riguardo interessanti osservazioni vengono avanzate da
Edward Ayers, storico dell'Università della Virginia e responsabile del progetto
"The Valley of the Shadow" <http://jefferson.village.virginia.edu/vshadow2>,
che presenta testi, fonti e materiali vari riguardanti la storia di due città degli
U.S.A. che durante la Guerra Civile si trovarono su fronti contrapposti. In un suo
intervento dal titolo History in Hypertext, consultabile in rete all'indirizzo
<http://www.vcdh.virginia.edu/Ayers.OAH.html>
, Ayers si fa sostenitore di una "storia ipertestuale", che provi a sperimentare
modalità di scrittura capaci di connettere discorsi, testi e fonti, di incorporare e
descrivere la complessità di una storia a più dimensioni, di restituire la tensione tra
una percezione del tempo come esperienza lineare e una percezione del tempo come intreccio
di esperienze. Avventurarsi su questo terreno presuppone certamente la necessità di
dimenticare e mettere da parte i prodotti ipertestuali di storia attualmente in
circolazione sotto forma di CD-Rom sfornati in continuazione come gadget di riviste
e quotidiani, che nel migliore dei casi non sono altro che opere di consultazione o
enciclopedie cartacee in formato digitale con l'aggiunta di suoni, luci e immagini.
Occorre inoltre, per restare nell'ambito di un discorso su Internet, superare i
limiti connessi all'attuale configurazione del Web e alle prestazioni dell'HTML con il
passaggio ad XML, un linguaggio di marcatura dalle notevoli potenzialità, temi sui quali
si è soffermata la relazione tenuta al seminario da Fabio Vitali (Università di
Bologna).
Il Web
publishing e l'editoria elettronica hanno dominato infine la parte conclusiva del
seminario, alla quale hanno partecipato anche rappresentanti di case editrici italiane che
in questi anni hanno avviato esperienze in questo campo (Laterza, Guaraldi, Il Mulino,
Casalini, Giunti e altri). Enrica Capussotti (Istituto Universitario Europeo) ha esposto
nel suo intervento le questioni relative alle pubblicazioni di storia in Internet e
all'editoria elettronica in Italia. La conversione elettronica e la pubblicazione sul Web
di una monografia possono rappresentare, soprattutto per giovani ricercatori o
ricercatrici, un modo per superare le difficoltà in cui si dibatte un settore editoriale
come quello dei libri in settori specialistici, in cui c'è squilibrio tra domanda e
offerta e dal quale le case editrici tendono a ritirarsi, salvo alcune eccezioni. I
problemi che sorgono riguardano sia la questione del riconoscimento accademico di questo
tipo di pubblicazioni, su cui si è soffermato Renato Giannetti (Università di Firenze),
sia la questione della proprietà intellettuale e delle modalità economiche adottate
dagli editori per tutelare se stessi e gli autori, su cui è intervenuta Stefania
Baroncelli (Istituto Universitario Europeo). La definizione dei criteri con cui garantire
la qualità scientifica dei prodotti pubblicati in Internet è un terreno assolutamente
nuovo di ricerca e discussione, sul quale è sembrato che, in assenza dell'intervento di
altri interlocutori, qualche idea possa venire da quegli editori che con questo tipo di
problemi hanno cominciato a confrontarsi. Le difficoltà legate a questo tema e la
trasformazione della legislazione su copyright e diritto d'autore sembrano comunque
due nodi fondamentali non ancora risolti. Tutto questo può contribuire a spiegare come
mai in Italia stentino a decollare progetti editoriali che vogliono utilizzare Internet
per le sue effettive potenzialità nella comunicazione e nella distribuzione.

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