Linguaggi


Curzio Maltese si sofferma sul linguaggio giornalistico per dire che con la guerra del Kosovo è finita la differenza linguistica tra destra e sinistra. Rifiuta il termine di guerra umanitaria, sostenuta dai giornalisti vicini ai governi europei di sinistra, tacciando quelle posizioni di razzismo e di ipocrisia, di imbellettamento della realtà.

I due brani sono tratti da In guerra col belletto in "Venerdì di Repubblica", 4 giugno 1999.  

La differenza fra sinistra e destra è una questione di linguaggio? E' stata in fondo una delle idee guida degli anni Novanta, improntati al mito del politically correct. Ma se era così, la guerra per il Kosovo ha cambiato per sempre gli orizzonti. Qui l'esercizio del politically correct ha fallito in maniera clamorosa. L'inferno dei Balcani è lastricato fin dal principio di buone intenzioni linguistiche, come si conviene alla prima guerra di sinistra, sostenuta da governi progressisti e amanti di una pace giusta, assai diversi dai vecchi e orribili governanti semplicemente guerrafondai. Ma, in fondo a mesi di propaganda, non rimane che constatare come la "guerra umanitaria", con il suo "inevitabile" carico di "tragici errori" e "danni collaterali", abbia fallito i suoi scopi, anzi abbia ottenuto l'effetto perverso di aumentare enormemente le sofferenze delle popolazioni civili nel nome delle quali è stata combattuta. Ed ha fallito proprio in quanto "umanitaria", è difficile fare la guerra senza mettere a rischio la vita dei soldati, neppure di un singolo soldato. Ma la guerra umanitaria non poteva permettersi, davanti alle opinioni pubbliche democratiche e pacifiche, di far morire degli "innocenti ragazzi", occidentali s'intende.In compenso, ha potuto ben permettere che morissero centinaia, migliaia e decine di migliaia di civili non occidentali.Ora, non fosse che si tratta di guerra umanitaria per nobili scopi di difesa dei diritti umani, decisa da governi democratici e progressisti contro un dittatore sanguinario, non si esiterebbe a definire tutto questo processo come razzismo.Da D'Alema, Schroeder, Jospin e Blair gli elettori si aspettavano soluzioni a questioni che la destra non era in grado di affrontare. La principale delle quali non era l'intervento contro una dittatura o la stabilizzazione dei Balcani, e tanto meno l'uso corretto o scorretto della lingua. Ma la lotta alla disoccupazione e un ammodernamento dello stato sociale. Nell'emergenza dell'Euro prima e della guerra poi, tutto questo è stato accantonato. Fino a quando? E come ha reagito nel profondo l'opinione pubblica? L'impressione è che gli strateghi della comunicazione di sinistra abbiano pochi giorni per elaborare un sinonimo di "batosta elettorale".  
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il giornalismo del dopoguerra